La scrittrice Elvira Mujčić, italo-bosniaca, ospite del Comitato Dante Alighieri di Siracusa in occasione delle Giornate della Dante, nell’ottica dell’iniziativa della Dante di promuovere la valorizzazione degli scrittori stranieri che scrivono in italiano. L’appuntamento, che celebra convenzionalmente il 29 maggio come giorno del genetliaco di Dante Alighieri, rappresenta il momento più significativo dell’anno per il Comitato.
A introdurre l’autrice è stata la Presidente del Comitato, Maria Teresa Mangano, che ha sottolineato con forza l’urgenza di credere nei valori del dialogo, dell’accoglienza e del rispetto dell’altro. «Solo così – ha dichiarato – possiamo affrontare, con la forza delle nostre idee, la complessità di un mondo nuovo, in cui diversità e relativismo culturale non sono una minaccia all’identità di un Paese, ma un’opportunità di crescita, culturale e umana».
La Mujčić, arrivata in Italia negli anni della guerra Serbo-Bosniaca, ha raccontato il ruolo salvifico della lingua italiana nel difficile processo di ricostruzione del proprio “io”, a partire da alcuni suoi romanzi come “La lingua di Ana: Chi sei, quando perdi radici e parole”, oppure “10 prugne ai Fascisti” L’italiano è diventato per lei una seconda lingua madre, un’ancora di salvezza in un mare di smarrimento, e la scrittura, spesso attraversata da una vena ironica, lo strumento per esplorare il proprio vissuto e renderlo condivisibile. Emblematici, in tal senso, alcuni dei suoi romanzi, come “10 prugne per i fascisti” e “Consigli per essere un bravo immigrato”, in cui la leggerezza e l’umorismo si intrecciano alla memoria del dolore, anche grazie alle letture di passi scelti dagli studenti del Quintiliano e dei corsi di italiano Plida. Emblematico, ad esempio, l’episodio in cui la protagonista si ritrova a dover organizzare il funerale della nonna – ancora viva – che desidera tornare in Bosnia da morta. Per farlo, occorre ottenere il passaporto italiano per la defunta, cittadina bosniaca nonostante lo sradicamento: una scena paradossale che, pur raccontando l’assurdità della burocrazia e della condizione migrante, riesce a strappare un sorriso.
Scrivere di quei tragici eventi, soprattutto di una città luogo di un massacro come Srêbreniča, è per Mujčić un atto tanto necessario quanto doloroso. Come lei stessa ha raccontato, presentare il proprio libro in quella stessa città ha rappresentato una sfida emotiva e morale, ma anche un momento catartico. Al termine dell’incontro, molti presenti le hanno confidato di aver finalmente sentito parlare di Srêbreniča con toni che, pur rispettosi, avevano alleggerito il peso della memoria.
L’autrice ha anche riflettuto sul suo rapporto con la lingua: se all’inizio le parole italiane erano vuote di significato profondo, con il tempo e l’esperienza sono diventate contenitrici del suo vissuto, raggiungendo lo stesso valore delle parole native bosniache. Parlare italiano, per Mujčić, significa oggi esplorare e dare forma a un’identità complessa e ricca, in continuo divenire.
Hanno inoltre dialogato con la scrittrice la Prof.ssa Noemi Aliotta che ha stimolato la narrazione a proposito di “10 prugne ai Fascisti” sottolineandone l’ironia e chiedendo alla scrittrice se la scrittura le sia servita per dare una seconda possibilità alla storia, cioe’ realizzare quello che in realtà non è accaduto, mentre la scrittrice Elvira Siringo ha posto alla Mujčić il quesito a proposito del suo percorso personale come viaggio, come spostamento e trasferimento, e quanto esso sia stato doloroso o gioioso.
A impreziosire l’evento, anche i saluti istituzionali del Dott. Marco Mastriani, vicepresidente del Consorzio Plemmirio; della Prof.ssa Ionadi, in rappresentanza della Dott.ssa Giliberto, Provveditore agli Studi di Siracusa; e del Dott. Salvatore Italia, Soprintendente ai conti della Direzione centrale della Dante Italiana.